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Recensione di “L’avvelenatore”

Buongiorno cari lettori, sono al fresco dal poche ore e mi sono goduta quest’aria mentre terminavo la lettura di questa nuova uscita letteraria della casa editrice Bompiani.

Si tratta di un romanzo più intimista di quanto sembri e con un forte impatto inconscio che risveglia il passato del lettore.

Tutti noi sappiamo che siamo spesso il frutto del nostro passato e delle persone presenti nella nostra infanzia, in primis i genitori.

C’è un legame che va oltre il DNA e che spesso va analizzato fin nel profondo per poterne capire l’impatto e saper prendere coscienza dei particolari e scindere chi eravamo da chi siamo o vogliamo essere in rapporto alla famiglia.

Nelle campagne dove Arno Paternoster è cresciuto, ogni anno i contadini spargono concimi azotati, fosforo, cloruro di ammonio: quando lui era bambino, suo padre gli mostrava le sinistre iridescenze delle pozzanghere per ricordargli che quelle sostanze scorrono anche nell’acqua con cui ci dissetiamo. Ha fatto questo per tutta la vita, il dottor Paternoster, contaminare ogni pensiero di suo figlio, ogni scelta della famiglia come un veleno nascosto; ma era un medico stimato, un punto di riferimento in paese: nessuno avrebbe mai voluto credere che facesse un uso malato della sua autorità. Adesso Arno è un uomo adulto, ha un buon lavoro, una bambina e una moglie in gamba, che fa la poliziotta. Non vede suo padre da anni, eppure lo ha sempre accanto come un’ombra: odiare qualcuno non ci libera della sua presenza. E quando il dottor Paternoster viene ucciso, è naturale che sia Arno il primo sospettato. Arno che era appena tornato di nascosto nella casa di famiglia. Arno che non ha un alibi?

Attraverso una scrittura intensa, coinvolgente e, direi, magnetica, l’autore ti porta dentro la vita di un figlio.

Una vita più diffusa di quanto si pensi.

Una vita fatta di amori, famiglia, lavoro e società.

Qualsiasi sia la nostra età siamo sempre figli di qualcuno e questo legame, anche se troncato, lascia comunque un filo invisibile che genera decisioni, azioni, bisogni, mancanze e molto altro.

È una sorta di limbo, se non affrontato.

In questo romanzo troviamo una capacità introspettiva davvero immensa e un realismo notevole tanto che ogni lettore famigliarizza con il protagonista e questo denota l’immenso talento dell’autore.

Libertà!

Questo è un punto cardine di questa trama.

Libertà “fisica” da quell’accusa di aver tolto una vita.

Libertà dai doveri figliali.

Libertà da quel senso di solitudine, abbandono.

Libertà di scelta verso la propria vita.

Libertà da quel limbo della vita dove persistono il desiderio e, in contrapposizione, la rabbia.

Libertà da quelle catene del passato che, consciamente o inconsciamente, hanno caratterizzato una vita intera.

E non solo.

Un testo ricco di messaggi sui legami che tutti noi intrecciamo, sui nostri sentimenti e sull’amore verso noi stessi.

Un romanzo che scorre via fin dalla prima pagina e che dispiace quasi terminare perché Arno potrebbe essere ognuno di noi.

Alla prossima recensione, la vostra Ele