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Recensione di “Uvaspina”

Buona domenica cari lettori, è un po’ che non condivido recensioni, ma la vita è fatta anche (o soprattutto) di chiagnere e fottere e il tempo a volte scorre; ma oggi voglio parlarvi di una nuova uscita letteraria, nonché il romanzo d’esordio di una giovane firma nazionale: Monica Acito.

Questa è la trama “ufficiale:

È nato con una voglia sotto l’occhio sinistro, come un pallido frutto incastonato nella pelle: Uvaspina si è abituato presto a essere chiamato con quel nome che lo identifica con la sua macchia. A quasi tutto, del resto, è capace di abituarsi: a suo padre, il notaio Pasquale Riccio, che si vergogna di lui; alla Spaiata, sua madre, che dopo aver incastrato Pasquale Riccio con le sue arti di malafemmina e chiagnazzara non si dà pace di aver perduto il proprio fascino e finge di morire ogni volta che lui esce di casa. Ma soprattutto Uvaspina è abituato a sua sorella Minuccia, abitata fin da bambina da un’energia che tiene in scacco il fratello con le sue esplosioni imprevedibili, le ripicche, la ferocia di chi sa colpire nel punto di massima fragilità, come quando gli dice: “Avevano ragione i compagni tuoi, sei veramente un femminiello.” Eppure, solo Uvaspina conosce l’innesco che rende la sorella uno strummolo, una trottola capace di ferire con la sua punta di metallo vorticante. E solo Minuccia intuisce i sogni di Uvaspina, quando lo strummolo la tiene sveglia e può scrutare i suoi finissimi lineamenti nel sonno. Intorno a loro, Napoli: la città dalle viscere ribollenti, dai quartieri protesi verso il cielo, dai tentacoli immersi in quel mare che la fronteggia e la penetra. È proprio sul confine tra la città e il mare, tra la storia e il mito, che Uvaspina incontra Antonio, il pescatore dagli occhi di colori diversi, che legge libri e non ha paura del sangue, che sa navigare fino a Procida e rimettere al mondo un criaturo che dubita di se stesso.

Per me, questo romanzo è molto più di quello che viene descritto nelle righe precedenti, ma andiamo per ordine.

Uvaspina” è un libro che ti fagocita letteralmente dalle prime pagine; all’inizio perché, da nordica che non ha mai visto la città dove tutto viene ambientato, la curiosità verso quelle terre, quegli usi, le abitudini e i “rituali” del territorio, porta a voler entrare sempre di più nella vita dei personaggi e di Napoli.

Questo perché l’autrice ha una capacità immensa di descrivere quei luoghi, ma soprattutto come si vive, cosa gli caratterizza, cosa rende Napoli, Napoli e i suoi abitanti.

Questo aspetto viene espresso anche dal lessico che si trova di pagina in pagina; vocaboli che io non conoscevo ma che, tramite amici originari di lì, ho scoperto esser esattamente quelli tipici di quella terra.

Ciò, come poi enuncia anche l’autrice stessa nella nota finale, è il sinonimo dell’amore che lei ha per questa città, per il suo modo di esser vissuta e per ogni sfaccettatura che la caratterizza.

Ora andiamo ai personaggi: un vortice di realismo e di personalità stupendamente descritti che portano, in base agli avvenimenti, a ridere o commuoversi, arrabbiarsi o rimanere stupiti, domandarsi il perché di alcune azioni o, semplicemente, trovarsi affini ai sentimenti di Minuccia o Uvaspina.

Ciò che mi ha colpita maggiormente, insieme all’utilizzo di un lessico specifico e degno di lode, è come il romanzo sia realistico nella narrazione degli eventi e altrettanto negli aspetti psicologici dei personaggi.

Uvaspina” è un romanzo ricco di psicologia, di realtà e di metafore perché il protagonista, spremuto e mutevole davanti a ciò che vive (o che subisce), siamo un po’ tutti noi che subiamo, sopportiamo, veniamo usati fino allo sfinimento, senza ritegno, senza rispetto.

Ci annulliamo, ci annientiamo per gli altri finché non rimane nulla, nemmeno la forza di piangere.

Ecco, cari miei lettori, se posso esser onesta, mi inchinerei davanti a questa giovane scrittrice perché ha una scrittura elitaria, differente da molte narratrici odierne; è profonda, colta, ricca, precisa, raffinata, realistica e sciolta.

Uvaspina” è il suo esordio letterario ed io sono già curiosa di cosa potrebbe narrare in un secondo libro!

Alla prossima recensione, la vostra Ele